Descrizione
Orsomarso è un piccolo borgo di origine medievale, situato a 120 metri s.l.m., a pochi chilometri dalla costa Tirrenica. E’ attraversato dalle limpidissime acque del Fiume Argentino, prima della confluenza nel Lao. Fa parte del Parco Nazionale del Pollino. Conosciuto per le straordinarie bellezze naturali ed artistiche, è meta ogni anno di migliaia di visitatori provenienti da ogni parte d'Europa e del mondo. Seminascosto fra alte rocce di natura carsica e immerso in boschi di macchia mediterranea, con la sua splendida Valle del Fiume Argentino, (riconosciuta come “Sito di interesse comunitario” con la Direttiva “Habitat” dell’Unione Europea), nella quale è stata istituita la Riserva Naturale Orientata “Valle del Fiume Argentino” (Zona di Protezione Speciale), Orsomarso è uno degli angoli più selvaggi ed affascinanti del meridione d’Italia. Nel suo territorio troviamo la presenza del capriolo autoctono, ultimo esemplare della specie “capreolus capreolus”, del lupo appenninico, dell’aquila reale, della lontra, del tasso, dell’istrice, del picchio nero, del falco pellegrino, del gufo reale, del corvo imperiale e della coturnice. Inoltre, numerosi esemplari di pino loricato e pino nero, eccezionalmente uniti come avviene nella penisola Balcanica, dai mille metri in su, aggrappati a pareti rocciose calcaree, su monti “sospesi tra fantasia e realtà quasi inafferrabili”, così come definiti dal noto naturalista Franco Tassi, che si affacciano su profonde vallate di straordinaria bellezza. Vasti piani carsici a pascolo, ricoperti da una grandissima varietà di erbe officinali, fiori e delicatissime orchidee, lembi di bosco in cui sopravvive anche qualche esemplare isolato di abete bianco, piccolo miracolo della natura.
La popolazione di Orsomarso vive da sempre un rapporto particolare con questa natura aspra, selvaggia e così ricca e varia; un legame inscindibile che è profondamente radicato ed è stato trasmesso quasi naturalmente alle nuove generazioni, un atteggiamento di profondo rispetto che ha consentito di salvaguardare un patrimonio di inestimabile valore. Analoga valenza naturalistica, viene rappresentata dalla presenza di numerose grotte di origine carsica di eccezionale bellezza, sia per l’ubicazione dei loro ingressi, tra paurose balze rocciose che si alternano alla fitta macchia mediterranea, sia per l’aspetto dei loro ambienti interni.
Tra le più importanti, da ricordare quella del “Frassaneto” che domina dall’alto di un ripido strapiombo la valle del Fiume Argentino e “Valle Palazzo”, situata al culmine di uno scosceso canalone tributario del Lao, lunga oltre 400 metri ed attraversata da un torrente sotterraneo nei periodi fortemente piovosi, formando, nella parte terminale un piccolo laghetto. A tratti, il concrezionamento erompe in tutto il suo splendore, con stalattiti e stalagmiti dalle forme insolite, colate a forma di meduse che esplodono dalle pareti ed esilissime cristallizzazioni emergenti dalle vaschette d’acqua presenti al suolo. Riveste invece, grande rilevanza di carattere storico-artistico e culturale, la grotta dell'Arcangelo S. Michele, con all’interno resti di affreschi bizantini, situata nella località “Simara”, quale dimora di San Nilo da Rossano, che dal 940 al 952/53, visse da eremita. In questo straordinario scenario, dove la natura, la cultura, la storia e l’arte hanno sempre affascinato il visitatore, grazie alla presenza dei suoi due fiumi Argentino e Lao, è possibile praticare sport fluviali, come rafting, canoa, hidrospeed, canyoning ed arrampicata sportiva.
Storia
Le origini sono molto antiche, dal punto di vista dell'etimologia, tutti gli studi rimandano ad una radice comune "ABYSTRON" che era l'antica colonia Achea situata sulla prospiciente fascia costiera.
Il termine comunque è annotato in un documento del vescovo di Policastro risalente al X secolo, anche se la parte riguardante la Torre dell'orologio, il castello e l'ex convento, riconducono all'epoca della conquista della Calabria da parte dei Romani. Dopo la vittoria su Pirro a Benevento (275 a.c.) i Romani con a capo il console Curio Dentato, consolidarono la loro espansione spostandosi a Sud e occupando i territori attualmente appartenenti alla Lucania e alla Calabria.
I Romani si trovarono a combattere contro un popolo audace, che abitava sulle montagne; si dovettero, così, costruire delle roccaforti man mano che l'esercito avanzava. Quella che si può ancora vedere sul costone roccioso dell'Orologio è, probabilmente, una di queste.
All'anno 1042 risale invece il documento riguardante la definizione di una controversia per la definizione dei diritti di proprietà su alcuni territori ricadenti nell'area mercuriense. Del collegio giudicante faceva parte fra gli altri lo spatarocandidato imperiale "Oursos Marsos" che era in quel momento il Tur marca dell'Eparchia del Mercurion. Secondo lo storico Venturino Panebianco in età normanna, avrebbe dato il suo nome latino al nucleo urbano intorno al castello. Ma potrebbe anche essere il contrario.
In epoca alto medievale importanza fondamentale assume anche per Orsomarso il monachesimo greco, divenuto poi noto come Basiliano. L'arrivo dei monaci coincise con l'avanzata dell'Islam in Asia Minore e in Egitto e con la persecuzione iconoclasta degli imperatori d'Oriente a partire dal VI sec. d. C.
Il periodo di maggiore splendore e diffusione del monachesimo greco si ebbe intorno al X sec. e interessò una vasta area geografica in territorio calabro - lucano, detta appunto Eparchia Monastica del Mercurion. Testimonianze di questa importante presenza sono i ruderi sparsi un po' ovunque nel territorio e in particolare la chiesetta di S. Maria di Mercuri con il caratteristico abside rivolto a Est, la chiesa di S. Sofia (oggi dedicata a S. Leonardo), la grotta - santuario di S. Michele o dell'Angelo, ma anche i numerosissimi toponimi di evidente derivazione bizantina. Nel corso del medioevo e fino al periodo napoleonico, la terra di Orsomarso ebbe alterne vicende: Nel 1262 la fortezza, insieme con il casale di Mercurio, fa parte dei possedimenti di Martino e poi di Bertuccio Vulcano, già signori del castello di Abatemarco, sito presso l'odierna Santa Maria del Cedro. Mentre il feudo di Orsomarso appartiene a Costantino Minutolo successivamente nominato Generale dei Balestrieri del re Carlo I d'Angiò.
Mercurio farà parte di Orsomarso il 21 settembre del 1439, allorquando venne elencato tra le terre e i castelli compresi nella contea di Lauria che Alfonso d'Aragona conferma a Francesco Sanseverino. A Francesco successe Barnaba Sanseverino a cui nel 1489 venne sequestrato da Francesco II il solo feudo di Orsomarso, che venne venduto a Perrotto Bisach. Si ha notizia che nel 1538 Barnaba, figlia di Perrotto, porta in dono Orsomarso a Silvestro Tomacello. Nel 1580 Orsomarso venne venduta al Marchese don Ferrante Alarson per 35.000 ducati.
Il 1613 è l 'anno in cui i Sanseverino venderanno il feudo di Abatemarco e con esso, quello di Orsomarso a Gian Pietro Greco. Di questo signore si sa che si trovò coinvolto in una sollevazione popolare, provocata dalle pesanti tassazioni imposte dal re di Napoli. Nel 1668 il feudo, che comprendeva Grisolia, Rione Abatemarco, Cipollina, Orsomarso e Marcellina, passa ad Andrea I° Brancati di Napoli. La famiglia Brancati ne terrà il possesso fino alla eversione della feudalità.