Cucina Tipica

GASTRONOMIA

Storia e gastronomia dei "Mmiti di San Giuseppe" ad Orsomarso. Domenica 18 Marzo 2007 alle ore 21:00 in riva al fiume si ripete un antichissimo rito propiziatorio. "Mmiti di San Giuseppe".
I tradizionali riti religiosi che accompagnano la festività di San Giuseppe ad Orsomarso (cs), si arricchiscono di manifestazioni che abbracciano aspetti economici e di costume che richiamano alla memoria alcune delle manifestazioni più tipiche delle società agricole e pastorali. Non potrebbero essere interpretati diversamente, infatti, le complesse manifestazioni che si intrecciano fra momenti di intensa spiritualità ed aspetti più specificamente profani e che hanno, tutti insieme, come comune denominatore il culto del padre putativo di Gesù profondamente sentito e radicato in questa comunità fin dal medioevo.
Ma andiamo brevemente a ripercorrere quelle che sono le manifestazioni che la tradizione ha consegnato alla comunità orsomarsese e che, nonostante le oggettive difficoltà connesse con l'evoluzione dei tempi, continuano a mantenersi vive e sentite da parte di molti anziani e anche giovani del paese. Esse precedono e seguono la data che il calendario religioso assegna alla celebrazione della festività di San Giuseppe.

Innanzitutto parliamo dei tradizionali "falò" in onore del santo e la cui origine non solo si perde nella notte dei tempi ma rimanda alle radici stesse di una società contadina legata indissolubilmente ai ritmi lenti delle stagioni dell'anno. Ogni anno fervono i preparativi che coinvolgono tutti, giovani, donne e anziani; accanto all'allestimento e all'accensione dei falò che avviene la sera della vigilia di San Giuseppe, vi è anche l'organizzazione dei cosiddetti "Mmiti", gli inviti, oltre alla preparazione del pane che viene poi distribuito al termine della funzione religiosa.

Ma non è casuale che questo avvenimento che riunisce tutta la popolazione, si svolga tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera. Sicuramente si tratta di un rito antichissimo, in uso già in epoca pre-cristiana: un "rito di passaggio" che segnava il nuovo inizio dopo la stagione invernale. Un "rito del fuoco", di purificazione e rinascita verso una nuova stagione che doveva essere benigna e fornire abbondanza di raccolti e prosperità per l'intera comunità. In questo senso, la tradizione dei "Mmiti", aveva una funzione bene augurante; mangiando in abbondanza cibi che comprendevano tutti i prodotti della terra, dalla pasta fatta in casa, alle fave, piselli, ceci, lenticchie, cicerchie conservate dal raccolto dell'anno precedente, si ostentava ricchezza e benessere, quasi un volere esorcizzare e allontanare i pericoli sempre incombenti di carestie e miseria. Come spesso è accaduto, il cristianesimo si è inserito nel solco della tradizione, innestando su di essa le festività del calendario liturgico.

Ecco allora che "la festa della primavera" o il rito del fuoco, è diventato la "festa del falò e dei "Mmiti di San Giuseppe", in una sinergia perfetta che non ha creato alcun trauma. Ma al di là di considerazioni di natura antropologica, quello che colpisce è l'atmosfera di festa e di partecipazione che si respira ogni anno, che chiama a raccolta tutta la comunità. Quasi a volere lanciare sempre di nuovo un segnale e una volontà di rinnovamento e un augurio per una stagione positiva e di prosperità. Le risorse del sodalizio provenivano unicamente dalle elemosine e dalle questue che i "confrati" erano autorizzati a fare e che giustifica ancora oggi, l'uso di girare per il paese a chiedere offerte in denaro, di olio e legna (fino a qualche decennio fa) da utilizzare per l'organizzazione e l'allestimento del falò e dei "mmiti".

Un culto molto vivo e radicato, quindi, sempre rinnovato nel corso dei tempi come dimostrano la statua che si conserva nella parrocchiale di S. Giovanni Battista, risalente al XVI secolo e quella custodita nel cappellone che fu edificato nella prima metà dell'Ottocento nel lato sinistro della chiesa del SS. Salvatore.

Crespelle e vino (di vincenzo Grisolia, chef Vigrì Restaurant - Scalea)

La tradizione vuole che il 13 si inizia, anche se alcuni iniziano già il 6 con San Nicola, ma cosa si inizia ma naturalmente si comincia a preparare quei piatti quei manicaretti che fanno la tradizione.

Il 13 crespelle fatte con o senza patate con i pesci salati e con i peperoni secchi oppure solo pasta, accompagnate dal vino che abbiamo aperto l' otto dicembre(perciavuttà), chi fa le crespelle sa che le deve portare alla vicina in segno di amicizia e di buon augurio per un periodo di festività felice e di pace.

Ma andiamo alla crespella deve essere ben lievitata e possibilmente calda croccante al punto giusto e deve avere una lievitazione molto lunga le maestre o i maestri lo sanno e sanno anche che non è cosa facile prepararle ci vuole esperienza e ci vuole anche volontà che al giorno d'oggi in cucina sembra non trovarsi, e un ingrediente che difficilmente si trova ed è quell'ingrediente l'ingrediente giusto.

Quindi non scoraggiatevi se le crespelle non vi vengono bene, vi verranno bene la prossima volta,magari, se ci mettete l'ingrediente di cui parlavo prima, vi vengono meglio.

felice festa di Santa Lucia e buone crespelle a tutti.

Non abbandoniamo le tradizioni perché e dal passato che si guarda al futuro e certi sapori certi momenti sono sempre d'attualità.

Fonte www.abystron.org

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